The Witcher – st. 1 e 2

DI GIOSUE’ TEDESCHI

The Witcher è una serie che appassiona ma personalmente non l’ho amata. Ci mette un po’ a ingranare: per quasi tutta la prima stagione non ci ho capito assolutamente niente, chi lui sia, quale sia il suo lavoro, che tipo di mondo sia quello in cui vive, eccetera.

Dalla fine della prima e inizio della seconda si intende invece che c’è una trama, si capisce chi è il nemico e tutta la struttura sottostante. Alla luce delle successive scoperte si apprende che i primi episodi erano un’introduzione, un assaggio; episodi singoli non rilevanti per la grande storia, non attacchi diretti al grande nemico, ma con l’obiettivo di farti conoscere il personaggio, il suo carattere e il suo lavoro, sporco, come Witcher. Il fatto che diventino utili solo più avanti denota il fallimento dello scopo dei primi episodi? Non interamente, a mio parere. 

È una di quelle poche serie con potenziale di rewatch, seppure dato dalla confusione di un profano che non ha mai giocato al gioco o letto i libri da cui entrambi (la serie e il videogioco) sono tratti. Seguire solo Geralt di Rivia, il protagonista, sarebbe stato più chiaro, forse. Trovo che l’intreccio non sia sempre convincente, ma prendi ogni parola come un granello di sale perché, come ti dicevo, non conoscevo né il gioco né i libri. 

Visto che ci mette tempo a ingranare, spesso seguire archi alternativi di altri personaggi risulta un po’ noioso e aggiunge confusione alla storia principale. Spesso mi sono trovato a tornare indietro chiedendomi se per caso non mi fossi perso dei pezzi; alcune volte la risposta era sì, ma di solito era no. Fortunatamente per i profani questa serie rimane una cosa diversa sia dal videogioco che dai libri e può essere guardata come un contenuto fatto e finito. 

Lo stile del mondo di The Witcher è fantasy medievale, un genere che personalmente adoro e di cui non mi stancherò mai, probabilmente. Uno dei punti forti di questa serie è come rappresenta la durezza del mondo, la ruvidità che quello stile di vita t’impone di avere, la spietatezza e spregiudicatezza, nonché l’avidità che guida tutti. Personaggi principali e secondari hanno tutti i loro schemi personali, e non uno può essere veramente definito buono. 

Immagino sia proprio quello che succede quando provi a sopravvivere in un mondo popolato da strighi, elfi, nani, e mostri che non paiono nemmeno appartenere a questo mondo. 

Parlando di mostri, non farti ingannare e pensare che siano loro i cattivi della storia. I mostri sono tra le creature più pacifiche in The Witcher, stanno lì a fare le loro cose da mostri, uccidere chiunque si avvicini, portare un po’ di distruzione e terrore in qualche villaggio. Sì certo, possono essere problematici a volte, ma la malvagità è tutta umana. 

Tra gli altri punti forti di questa serie possiamo ben citare le battaglie che, alcune più e altre meno ovviamente, sono davvero ben coreografate. Sarebbe strano il contrario giacché i Witcher passano tutta la vita ad allenarsi per quello. La coralità dei personaggi, nonostante il principale sia Geralt, è ben distante dall’essere l’unica forza in gioco in quel mondo. 

Seppure ogni tanto sembra che manchino dei pezzi e io faccia un po’ di difficoltà a seguire tutto, specialmente nella prima stagione dove ancora non conosco nulla, l’universo di The Witcher ha un fascino medievale che mi ha tenuto incollato fino alla fine di queste due stagioni e mi ha lasciato in attesa della terza. 

Mercuzio and Friends è un collettivo indipendente con sede a Torino.

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