DI FEDERICA CANNATA
Lettera d’amor e rabbia
Sei stanco? Non ce la fai più?
La vita è ingiusta? Stai zitto.
Stai zitto.
Stai zitto.
Perché la società è questa
e la scuola è il neonato della società.
Stai zitto.
Subisci.
Rialzati.
Ma da solo.
Perché tu devi essere forte.
E se sei un uomo
ancora di più.
Che poverine
le ragazze
possiamo chiudere un occhio.
Le care fanciulle.
E così discrimini
sia lui che lei.
Sento una rabbia
che spaccherei il mondo
in due
per te.
Per consegnarti i cocci
e dire: ormai era marcio
ne crescerà uno nuovo
ma noi non ci saremo.
Perché il marcio
non muore mai.
Noi vivremo
da un’altra parte
nell’utopia sognante
in cui un uomo
può mostrarsi debole
in cui il Sintomo
non è solo quello fisico
in cui il rispetto
non è solo per gli adulti
in cui non si chiudono gli occhi
“perché così è più facile”
che ho tanti cazzi per la testa
mica voglio anche i tuoi.
In cui il tuo grido silenzioso
non rimane impresso nei miei occhi
inerme
contro un sistema fatiscente
che si regge sopra un mare
di visi stanchi, dagli occhi vitrei
ormai esuvie degli uomini passati.
Lo so, Amore.
Basta sognare.
Che con i sogni
non si cambia il mondo
e allora io desidero la rabbia
perché vorrei arrabbiarmi così tanto
da ardere la Terra.
Solo cenere intorno a noi,
corbezzoli tinti di rosso.





