DI ELODIE VUILLERMIN
Dopo un album dove il fil rouge erano le reincarnazioni e un intero disco strutturato come un romanzo sonoro, ecco l’ennesima trovata geniale di Caparezza: un CD organizzato come la visita di un museo. Museica, prodotto nel 2014, unisce fin dal titolo la musica alle opere d’arte. Una meraviglia certificata con l’assegnazione di due dischi di platino che sfrutta quadri, sculture e affini come pretesto per parlare ogni volta di un tema diverso.
Dato che in ogni museo bisogna entrare per visitarlo, ecco Canzone all’entrata, la traccia introduttiva. Di solito un museo è un’area sacra, per qualcuno addirittura noiosa. Ma il museo di Caparezza è diverso dagli altri, lui intrattiene il pubblico fin da subito secondo il suo stile personale, con la sua abilità nel trasformismo di frasi e lettere. Fatta entrare la folla, la prima opera che ci presenta è Avrai ragione tu (Ritratto), ispirata al graffito My God, Help Me to Survive This Deadly Love di Dmitri Vrubel. In essa ha un confronto nella sua testa con i comunisti che gli impongono di conformarsi alla società e di rinunciare al suo vero essere. Capa si rifiuta di rispondere alle aspettative degli altri, sicuro che altrimenti lo metterebbero in catene. Si batte contro tutti quelli che gli tolgono la libertà di espressione, che gli danno del comunista perché ha voluto osare e non essere banale, che trovano pericolose le sue satire e quindi cercano di limitarlo. Pur scusandosi con tutti quelli che ha offeso, non può fare a meno di notare che sono di mente ristretta, mentre lui continuerà a essere il ribelle che conosciamo. Impossibile non amare questa canzone, dal ritmo aggressivo e incalzante.
Mica Van Gogh, altro pezzo geniale con un mix di rap e rock da paura, smonta in pieno il cliché del Van Gogh pazzo. Caparezza, rimasto affascinato dalle opere e dagli scritti dell’artista olandese dopo un viaggio ad Amsterdam, lo mette a confronto con l’adolescente italiano medio. Appare ovvio fin da subito chi sarà il vincitore. Van Gogh ha vissuto una vita problematica ma è comunque stato un genio, uomo di cultura e di grande talento, molto affezionato al fratello. Al suo confronto, l’adolescente di oggi dovrebbe vergognarsi, fissato com’è per il poker online, i cellulari, i social, il cibo spazzatura e altre distrazioni simili. L’opera di Van Gogh a cui Caparezza si è ispirato per il testo è Natura morta con Bibbia.
Su una base a metà tra il folk del violino e il rock della batteria parte un’altra piccola perla dell’album, Non me lo posso permettere. Il rapper pugliese si ispira a Tre studi di Lucian Freud, un trittico di Francis Bacon noto per il prezzo elevatissimo a cui fu comprato a un’asta (140 milioni di dollari), per raccontarci degli anni successivi alla crisi economica del 2008 e delle sue conseguenze in tutta Europa. Vengono citati tutti i lussi e i beni che l’uomo medio italiano non può permettersi, a livello di dignità ma anche economico, tra cui le pensioni “come i senatori”, la cena al ristorante o il sesso non protetto. Anche determinate categorie di persone sono obbligate a sottostare a certi comportamenti: ad esempio i medici non possono farsi tatuaggi, così come le donne non devono avere i peli in bella vista. Si parla di un’epoca in cui non possiamo nemmeno permetterci di essere disillusi dalla società, nonostante le delusioni che ci ha riservato.
Figli d’arte tratta di quei padri famosi che inseguono il successo e la carriera musicale, trascurando i figli che si sentono abbandonati e sono condannati a vivere all’ombra dei genitori per tutta la vita. Quei padri sono come il dio Saturno, divoratore di figli, nell’opera di Goya. Mentre Comunque Dada, mescolanza unica di jazz e punk, è una dedica ai dadaisti, che si riunivano al Cabaret Voltaire per dissacrare l’arte piuttosto che partecipare alla Prima guerra mondiale. Il Capa si riconosce nello spirito pacifista di questi artisti, che si distaccavano dalla società in cui vivevano per seguire sé stessi e i propri valori, e l’opera da cui ha tratto ispirazione per il brano è infatti di un dadaista, Marcel Duchamp (nello specifico, la Gioconda con i baffi).
Giotto beat tira in ballo l’artista di Colle del Vespignano e il suo dipinto Coretti. Il testo gioca sul doppio senso della parola “prospettiva”: quella di Giotto stesso (che introdusse la tridimensionalità nei suoi quadri) e quella del futuro. Proprio quest’ultima è quella che manca in Italia, siamo “Più rassegnati, più dubbiosi, più poveri, più anestetizzati di un paziente in recovery room”. Caparezza esprime la voglia di tornare agli anni ‘60, quando c’era il boom economico e nutrivamo più speranze per il futuro.
Il nostro Salvemini gioca ancora con le sonorità, spazia con i generi musicali. Dopo il beat è il turno del blues di Cover, che narra la vita di una persona qualunque e anche del Capa stesso attraverso le cover di album famosi del passato, tra cui quella di The Velvet Underground & Nico con la celebre Banana di Andy Warhol (fonte d’ispirazione per la canzone). Come una cover, intesa sia come qualcosa che riproduce un brano già esistente, sia come una coperta che ci nasconde al mondo, noi umani abbiamo celato la nostra vera personalità così a lungo da uniformarci alla società. Il brano è quindi un inno a ritrovare la propria originalità, a non farsi più influenzare dagli altri.
Il Quadrato nero di Malevič è la spinta dietro la creazione di China Town, duplice riferimento al quartiere di New York e all’inchiostro. Una canzone che parla dell’amore assoluto per la scrittura, che dà forma fisica all’arte e ai pensieri, dai toni più poetici e malinconici rispetto ai brani precedenti. Canzone a metà, come suggerisce il titolo, parla di tutte quelle opere lasciate incompiute per paura di fallire, mancanza di volontà o altri imprevisti, tra cui I Prigioni di Michelangelo e Il sogno di Dickens di Robert William Buss.
Teste di Modì fa riferimento a una storia realmente accaduta, quando tre studenti realizzarono delle false sculture così perfette da riuscire a spacciarle per quelle del grande artista italiano Amedeo Modigliani. Riuscirono a fregare giornalisti, esperti del settore e critici d’arte. Caparezza si riconosce nel loro genio, vuole continuare a mettere in crisi le persone come hanno saputo fare loro. “Quello scherzo sublime inceppò, seppur involontariamente, i meccanismi del mondo dell’arte. Per tanti fu subito stizza, per me fu subito amore”, dichiara. L’ispirazione è Ritratto di Jeanne Hébuterne di Elmyr de Hory, falsario e pittore che tra le tante opere copiò perfino quelle di Modigliani.
Il prossimo brano è Argenti vive, dove a parlare è Filippo Argenti, un contemporaneo di Dante la cui famiglia rese la vita difficile al nostro Alighieri: non solo si oppose al suo ritorno dall’esilio, ma gli rubò tutti i suoi beni. Alcuni racconti dell’epoca testimoniano che Dante ricevette uno schiaffo da Filippo. L’odio per quest’ultimo fu tale che l’autore della Divina Commedia lo collocò nell’Inferno, tra gli iracondi.
Come dimostrano l’opera dantesca e il quadro di Gustave Doré a lui dedicato, Argenti viene respinto e cacciato nel fango appena riconosciuto e Dante chiede a Virgilio il permesso di poter vedere il suo avversario sprofondare, travolto dalla furia degli altri iracondi. Ma con questa canzone, dalla base feroce quanto le sue parole, Filippo ha la possibilità di dire la sua, non affonda nel fango per sempre.
Provoca il poeta per la sua ipocrisia, affermando che per quanto egli si atteggi da “sommo” e si riempia la bocca di belle parole, alla fine anche lui si lascia trascinare dall’ira e dal desiderio di vendetta, quindi i due sono più simili di quanto Dante creda. Filippo lo invita ad affrontarlo da vero uomo: troppo facile insultare qualcuno quando è già morto piuttosto che nel momento in cui è ancora in vita. Lui, al contrario di Dante, non si rifugia dietro la protezione di altre persone ed è pronto a battersi di modo che nessuno infanghi la sua memoria. È certo di vincere perché nel mondo sono quelli come lui e non i poeti a piacere alla gente, o meglio a incutere rispetto e timore (“Le tue terzine sono carta straccia, le mie cinquine sulla tua faccia lasciano il segno”).
Ispirata dallo spazialismo di Lucio Fontana, la canzone Compro horror (con una base hip-hop distorta) si concentra sullo spazio eccessivo che i giornali e le emittenti tv danno alla cronaca nera al puro scopo di attirare l’attenzione del pubblico. Mentre Kitaro (dal manga Kitaro dei cimiteri) ha una base jazz e tratta del fenomeno degli hikikomori, con l’intento di aiutare eventuali ascoltatori in quella condizione a uscire dal loro guscio. Troppo politico parte invece da Il quarto stato di Pelizza da Volpedo e diventa il pretesto di Caparezza per criticare tutti quelli che lo accusano di essere troppo politico nei suoi testi. La base martellante ti penetra pian piano nel cuore e ci rimane.
Sfogati invita a fare esattamente ciò che dice il titolo: sfogarsi. Contro chi? Contro chi commenta tutto in modo superficiale, chi sfoga la sua rabbia repressa su Internet e sui social, chi si crede sempre migliore degli altri. Il dipinto da cui nasce l’idea per questa canzone è Testa di tigre di Antonio Ligabue. Fai da tela, invece, parte da un’opera di Frida Kahlo ed è un racconto di come Caparezza vive la sua esperienza da musicista: sempre bersaglio delle critiche e dei giudizi altrui, ormai si è rassegnato ad accettarli senza troppe preoccupazioni, in fin dei conti sono conseguenze inevitabili del successo. Incita noialtri a fare lo stesso: piuttosto che sforzarsi di apparire in un certo modo agli occhi degli altri, diventiamo una tela. In che senso? Lasciamo che ci dipingano come vogliono e come credono.
È tardi, annuncia il penultimo brano. Non solo perché il museo sta per chiudere. È anche un riferimento alla società odierna, così frenetica che non rimane più il tempo per fare niente. Forse è tardi anche per realizzare i propri desideri, ma non è una valida ragione per arrendersi. Bisogna saper trovare il tempo per sé stessi, per quelle cose che ci piace fare davvero (un tema già affrontato in Torna Catalessi). Non poteva esserci ispirazione migliore di La persistenza della memoria di Dalì. Poi chiude il museo, c’è tempo solo per una Canzone all’uscita: saluti, ringraziamenti e si parte per un nuovo viaggio. E state certi che a breve ne faremo uno anche noi, in tutt’altro posto del cosmo caparezziano.
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