Il mio sogno eretico (Caparezza)

DI ELODIE VUILLERMIN

Ormai lo sappiamo: ogni canzone di Caparezza è un microcosmo con tante cose da dire e ogni album è un’avventura tra questi piccoli mondi, ciascuno dei quali merita uno studio dettagliato nelle scuole. Vediamo dove ci porterà questo album del 2011, Il sogno eretico, certificato disco d’oro e in seguito anche di platino.

La traccia introduttiva, Nessun dorma (tratto dalla romanza di Puccini), è un invito a restare svegli, a mantenersi lucidi e critici, a tenere viva l’attenzione. Il secondo brano, Tutti dormano, è l’antitesi del primo e rappresenta un pubblico svogliato, senza alcun interesse a seguire lo spettacolo che l’artista pugliese sta per proporre (come dimostrano la sonora russata iniziale e le risate successive). Insomma, quel genere di pubblico di cui non dobbiamo fare parte in alcun modo perché, secondo Caparezza, “il disinteresse può essere una delle cause del declino di un Paese”.

Dopo una sequela di “E chi” lasciati in sospeso, comincia un brano che nel titolo ha la continuazione di quei versi (Chi se ne frega della musica). Una canzone ironica sul mondo della musica italiana e sulle sue contraddizioni. Quella musicale è un’industria ossessionata dal successo, che trasforma l’arte in una merce, che rende gli artisti persone disposte a sacrificare di tutto (perfino la loro integrità) per diventare famose. I fan non si interessano davvero alla musica dei loro cantanti preferiti, sono più interessati alla loro vita privata (“Il video che mi fanno mentre lecco un orinale è cliccato più del video ufficiale della mia label”). Caparezza non si riconosce in quel tipo di musica, continua a fare quel che gli pare e afferma che i cosiddetti “veri artisti” sono “veri come i Muppet”.

Il dito medio di Galileo prende ispirazione da una visita del nostro Salvemini al Museo della Scienza di Firenze, dov’è conservato il dito medio della mano destra di Galileo Galilei. Quel dito medio diventa l’insulto alla Chiesa cattolica, che accusò lo scienziato di eresia, e a tutte le persone che si sottomettono ai dogmi religiosi o politici. Il gregge ignorante, rappresentato tramite dei belati che si alternano magnificamente alle sonorità hip-pop, va risvegliato. Deve smetterla di accettare ogni dettame senza mai metterlo in discussione (“Vogliono menti barricate quali grappe e non le mettono al corrente come l’Ampere”). Deve aprire gli occhi e sviluppare il pensiero critico necessario per staccarsi dalle autorità e non omologarsi, come fece Galileo con le sue sperimentazioni scientifiche.

Sempre sulla scia delle personalità “ribelli” troviamo il brano che dà il titolo all’album, Sono il tuo sogno eretico. Un vero e proprio inno in difesa delle figure ritenute scomode e pericolose dalla Chiesa per le loro idee spesso rivoluzionarie (Giovanna D’Arco, Girolamo Savonarola, Giordano Bruno), che sono state bruciate sul rogo nel tentativo di zittirle. Ma è stato tutto inutile: puoi fermare quelle persone, ma le loro idee sopravvivono e si diffondono comunque, com’è in effetti successo. Ad accompagnare le parole, una traccia musicale in stile folk che richiama le atmosfere medievali e il crepitio di un fuoco acceso.

Segue Cose che non capisco, strutturato come la puntata di un quiz televisivo immaginario in cui si pongono domande scomode su certi argomenti. Si critica la televisione odierna, che strumentalizza l’informazione e condiziona le menti dei suoi spettatori. Certe persone, come Caparezza, sono abituate a porsi dei dubbi su questioni difficili e scomode. Agli altri non importa porsi domande su tali argomenti e liquidano la curiosità di chi vuole approfondirli con frasi di circostanza, del tipo “Ci stai pensando troppo”. Il vero problema è proprio il non pensarci affatto, a quelle questioni. Solo perché sono troppo spinose non significa che debbano essere ignorate.

Goodbye Malinconia, in collaborazione con il mitico Tony Hadley degli Spandau, è di una bellezza struggente. Un ritratto perfetto della fuga di cervelli, problema che affligge tuttora l’Italia. Non facciamo che perdere menti brillanti perché il nostro Stato non offre loro abbastanza opportunità, pur essendo teoricamente il Belpaese. La punta di diamante di questo disco, comunque, per me è e rimane La marchetta di Popolino. Una geniale critica all’italiano medio, chiamato Popolino perché rappresenta il popolo. Il Capa si scaglia contro l’italiano furbetto che infrange la legge e cerca scorciatoie, volgare e ignorante, fissato con i soldi, discriminatorio, che vorrebbe ricorrere alla violenza e alle armi per risolvere i problemi. Una satira fatta attraverso i più celebri personaggi di Topolinia e Paperopoli, con suoni da cartone animato in sottofondo. Solo un artista del suo calibro poteva riuscirci.

La fine di Gaia sbugiarda tutte le teorie complottiste esistenti, dalla profezia Maya sulla fine del mondo ai rettiliani. Nel finale scoppia un temporale e Caparezza si spaventa, dimostrando che in effetti la fine del mondo potrebbe arrivare, ma se mai fosse così sarebbe per colpa dell’uomo e del suo comportamento irresponsabile che danneggia il pianeta. Mentre in House Credibility l’artista rimprovera tutti coloro che sono convinti che casa propria sia più sicura del mondo esterno, quando si corrono altrettanti rischi (se non di più) tra le mura domestiche: fughe di gas, muri cedevoli, allagamenti, intrusioni di ladri e così via. Kevin Spacey è invece un pozzo di citazioni dei film dell’omonimo attore e non solo, una sequela di spoiler per andare contro quelli che criticano Caparezza per motivi stupidi (“Non per la politica dovete odiarmi, non per la voce nasale, ma per questo pezzo: adesso avete un motivo, avete un motivo!”).

Si giunge a un’altra perla di questo album: Legalize the Premier, un mix di rap e reggae in cui Caparezza duetta con Alborosie. Una critica a tutti i premier, tra cui Berlusconi, che una volta al vertice del potere sfruttano la loro posizione per modificare le leggi a proprio piacimento, anche per depenalizzare reati che li riguardano. Sottolinea che queste infrazioni della legge sono commesse da chi la legge dovrebbe tutelarla, spesso pure alla luce del sole. In chiusura al brano, dei cori angelici, che permettono di agganciarsi alla canzone seguente, Messa in moto: Caparezza entra nella testa di Dio in persona e se lo immagina stanco delle lamentele e delle preghiere dei fedeli, al punto che prende la moto e parte via per un viaggio senza pensieri. Perché mai la religione deve essere tutta preghiere e dolori? Perché tutti si rivolgono a lui come se avesse sempre la risposta pronta a tutto? Non basta un po’ di fede per risolvere i problemi, devi agire e prendere in mano la situazione (“Basta parlare a mio nome, ma che diamine, solleva i tuoi pesi, ma va’ da un personal trainer!”).

Nuovo brano, altro capolavoro: Non siete Stato voi. Definito dallo stesso artista un “pezzo di Michele Salvemini e non di Caparezza“, è uno sfogo rabbioso contro la classe dirigente italiana in tutti i suoi aspetti: ipocrita, corrotta, guerrafondaia, incapace di assumersi le responsabilità dei propri sbagli e di guidare degnamente la nazione, che distoglie lo sguardo di fronte ai veri problemi, che discrimina e incita alla violenza. La solita ironia pungente e la voce nasale sono scomparse. C’è solo una serie di critiche fatte con un tono serio, tagliente, incalzante.

A ribadire questo concetto è la canzone seguente, La ghigliottina, in cui Caparezza si rivolge a Danton (condannato a morire durante il Terrore di Robespierre perché troppo pericoloso per il suo avversario, con la scusa di essere antirivoluzionario) per chiedergli come si può fare una vera rivoluzione che possa migliorare la situazione politica e sociale italiana. Impresa difficile, visto che al potere abbiamo gente sorda alle proteste del popolo e incapace di svolgere il suo ruolo. E alla fine si giunge all’amara conclusione che le manifestazioni pubbliche non servono, almeno non qui da noi.

Il brano di chiusura, Ti sorrido mentre affogo, è una lista di aforismi con la quale Caparezza, stufo delle critiche ricevute ai suoi testi, dichiara che non gli interessa “essere capito” e che non vuole necessariamente “andare d’accordo” con la gente (citazioni di I Gatti di Vicolo Miracoli e di Wanna Marchi). Gli basta scrivere, essere sé stesso, andare per la sua strada come fa ormai da anni. Questa frustrazione è ripresa anche nella bonus track Lottavo, capitolo, dove dopo tanta lotta per farsi capire non ce la fa più e capitola, smette di combattere. O almeno è quello che vuole farci credere. Perché gli album che verranno dopo dimostrano che ha lottato ancora, che ne ha avute tante di cose da dire. E le ha dette con stile.

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